Il Pedante segue il filosofo di Treviri. Nel suo universo démodé le
religioni e le culture sono sovrastruttura (Überbau) ai rapporti economici in senso lato e pertanto prodotti soggettivi e
concettuali dei secondi. Un'analisi sul Sessantotto suscita la sua attenzione perché racconta di persone
che ancora vivono e operano per il male delle nostre comunità, ma delle presunte radici arabe, longobarde
o giudaiche dei variegati casi della contemporaneità non si cura se non per ragioni estetiche e
affettive.
Il problema - e temo anche il senso - dei discorsi culturali è quello di offrire una via onnipotente alla dimostrazione ex post dove, potendosi dimostrare tutto, non si dimostra nulla. Chi volesse dar prova del fanatismo cristiano tracciando un filo rosso che va dai crociati, passa per Torquemada e approda al Ku Klux Klan avrebbe le stesse chances di successo di chi ne esaltasse la carità enumerando le gesta di santi e missionari. Evidentemente non è la strada. A pescare nell'oceano dei secoli (v. quellismo) si trova sempre il pesce giusto e le grandi culture a cui attribuiamo un'unità storica coprono generazioni, continenti, moltitudini e cioè l'arco intero degli umani fenomeni: dalla santità all'eccidio, dalla mediocrità al genio, dal sublime al kitsch (v. falsa sineddoche, Giacchè).
Quando l'amico Paolo mi ripropose Max Weber sulla genitura protestante del capitalismo moderno, mi ricordai di averne letto il libro in gioventù tra i testi facoltativi di un esame di filosofia morale. Per coincidenza quel monografico verteva su Arthur Schopenhauer (come molti giovani démodés il Pedante era uno schopenhaueriano e fece carte false per accedere al corso). Il quale Arthur enunciava una celebre dialettica del pensiero secondo cui la volontà di vivere (Wille), forza vitale e anti-individualista tesa alla conservazione della specie, si avvarrebbe dell'intelletto razionale per fabbricare rappresentazioni (Vorstellungen) internamente logiche e seducenti con le quali veicolare fini che disturberebbero la coscienza individuale. Così ad esempio l'amore romantico, il cui unico fine sarebbe quello di spingerci a riprodurci nell'interesse della specie. Questa critica del pensiero ebbe fortuna e fu volgarizzata da Freud - altro giovane schopenhaueriano, ma in un'epoca e in una città dove lo erano anche le lavandaie - con l'invenzione di un inconscio tiranno e ingannatore (the cunning of unreason, Gellner).
La patologia sincretica del Pedante lo porta invece a distinguere nelle rappresentazioni schopenhauriane i tratti caratteristici della sovrastruttura di Treviri. Anche quest'ultima seduce gli intelletti con la raffinatezza dei suoi affreschi storici e l'eleganza delle sue deduzioni. Un'eleganza e un rigore - ahimé - tutti interni e tipicamente sfuggenti ai processi di falsificabilità propri della ricerca storica. Con la conseguenza di avvalorare tesi preconcette o peggio di dissimulare moventi più o meno inconfessabili: quelli della volontà sive struttura, che riportano la storia sui binari eterni della sopravvivenza, del piacere e del dominio sociale. Sicché un Pedante weberizzato potrebbe rinvenire in un cattolicesimo che esalta frugalità, sacrificio e pentimento i prodromi ideologici dell'etica capitalista contemporanea che chiama i popoli alla descrescita e all'espiazione. Ma non lo fa, perché la suggestionabilità dei semplici e la bulimia dei potenti si ripropongono identiche in tutte le pagine di storia.
La dialettica dell'Überbau promuove una visione umanistica in cui tutti i popoli sono mossi da bisogni e paure universali che solo incidentalmente e/o strumentalmente si paludano in retaggi culturali e religiosi. E dove le culture, in quanto non produttive, costituiscono una ricchezza e non una minaccia. Essa trova anche conferme empiriche, tanto più evidenti quanto più è esteso l'ambito di osservazione. La macroeconomia - il cui campione è macro in definizione - coltiva con successo l'ambizione scientifica di isolare le dinamiche economiche delle comunità senza occuparsi degli agenti culturali - per non dire di quelli etici, dove invece sguazza la penosa genìa degli pseudoscienziati. Nella penisola ellenica accade ciò che già accadeva in Sud America e per gli stessi motivi, con buona pace degli acrobati che vorrebbero documentare la specialissima inadeguatezza levantina. E il nord Italia cresciuto nei miti di un Meridione fatalista, apatico e privo di amor civico, e quindi meritatamente arretrato, si scopre oggi ingabbiato nelle stesse dinamiche di deindustrializzazione, emigrazione, disamoramento politico ed espansione del ruolo vicario della criminalità organizzata. Da medesime cause discendono medesimi effetti. E tra le prime - cambio artificialmente forte, apertura incondizionata a merci e capitali da economie più avanzate, emorragia di competenze, blocco degli investimenti pubblici produttivi ecc. - non figura evidentemente il vizio della pummarola al sole.
Al contrario, il discorso culturale conduce ai campi lisergici del simbolo. Dove i dotti si esercitano in retrospettive anedottiche per sostanziare conclusioni già formate e agli incolti - come si diceva di un celebre lassativo - basta la parola. Fino a pochi anni fa erano i giudei a minacciare il mondo, oggi va di moda l'Islam, domani potrebbe toccare ai cristiani. Chi? Quali? Tutti cioè Uno: il simbolo che se li mette in pancia. L'allergia del pensiero simbolico alla realtà è anche la sua missione, sicché i discorsi che vi si ispirano finiscono per ricamare aria sulle nuvole chiosando rappresentazioni e ologrammi che esistono solo nel cloud immaginativo delle masse. Anche quest'anno si ripresenta come un herpes il problema dei simboli natalizi che offenderebbero la sensibilità islamica. Dove invece di chiedere agli interessati li si utilizza per schermare il nichilismo tutto nostrano di chi vorrebbe emendare la propria personale inadeguatezza azzerando la civiltà a cui appartiene, per consegnarsi a un futuro che non esiste. Surreale è anche la questione se esista un Islam moderato. Perché chi la pone ha già evidentemente stabilito che esso è ontologicamente estremo (?) laddove non assunto in modiche dosi, come l'alcool o le sigarette. E perché - proprio come in politica - le etichette centriste di "moderato" ed "estremo" evitano accuratamente di sostanziarsi in una definizione che corrisponda agli atti, così da agganciare la suggestione etica di ciascuno. Più semplicemente, se chi scrive accettasse questo megasimbolo da 1,6 miliardi di individui si ritroverebbe egli stesso in compagnia di questo o questo signore.
Le lotte di classe sono certamente camaleontiche e variegate. E devono esserlo per potersi ogni volta ripresentare più virulente di prima, come i virus che mutano per non farsi riconoscere dagli anticorpi. Per trascinare le masse in guerra servono effigi e bandiere, tanto meglio se grondanti di storia così da coinvolgere anche chi qualche libro l'ha letto. Che poi i padroni del gioco queste effigi se le stampino e se le scambino come le figurine Panini, è un dettaglio tecnico che non ci deve riguardare.
(P.S. Il Pedante, da piccolo musicista, di sovrastruttura ci vive. E di identità culturale viviamo tutti. Il delirio sinistro cosmopolita di superamento delle identità e dei confini in quanto, appunto, sovrastruttura, ha condotto i suoi squallidi sacerdoti tra le braccia del Moloch anonimo e transnazionale per eccellenza: il capitale. Con le stesse promesse è stata venduta loro l'integrazione europea - salvo poi riportarli nel recinto di una nuova identità che, in quanto senza radici, si presta assai meglio alle manipolazioni del dominus).
(P.P.S. Il Pedante è anche credente. Se l'uso oppiaceo delle religioni è nei fatti - mentre scrivo le
si sbandiera per portare in guerra almeno due continenti - ciò non riguarda Dio, che sa riconoscere l'odio
anche sotto le misere spoglie dei nostri simboli).
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